Per una maggiore chiarezza ecco alcune considerazioni.

È possibile sperimentare nel corso della vita alcune espressioni tra i Disturbi sotto descritti. Ogni persona infatti percorre il proprio cammino incontrando fasi e momenti  particolari.. bisogna però tenere ben presente che prima di considerare questi disturbi come patologici è necessaria una Diagnosi valutata e redatta da un professionista!

Per prima cosa le persone non sono sintomi, queste sono pure classificazioni, sono linguaggi utili tra professionisti, sono etichette del quale spesso si abusa.

Le persone sono persone, con caratteristiche e storie di vita differenti.

Ogni “Disturbo” ha, prima di tutto, un messaggio che veicola attraverso di esso, ogni sintomo è infatti una forma di comunicazione. Ogni “Disturbo” è anche una relazione. Un “Disturbo” non è per sempre, non è definitivo. La diagnosi è spesso solo un punto di partenza, è provvisoria, non è un punto di arrivo!!

Qui di seguito qualche nozione, che non ha l’intento di essere completa ed esaustiva, riferita ad alcuni dei disturbi psicopatologici più diffusi:

Ansia

Già nel 1926 Sigmund Freud affinò la propria comprensione dell’Ansia. Quest’ultima era considerata, in base al suo modello, come un segnale della presenza di pericolo nell’inconscio cosicché l’Io si trovasse a mobilitare i meccanismi di difesa per impedire che i pensieri inaccettabili giungessero alla coscienza.

Lo sforzo condotto nel corso degli anni dall’American Psychiatric Association con il tentativo di essere il più possibile a-teoretici, e quindi consentire un’elaborazione puramente nosografica, distingue e classifica i disturbi d’ansia in più tipologie: disturbo da attacchi di panico, fobie, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico da stress e disturbo d’ansia generalizzato.

L’Ansia è una reazione funzionale dell’organismo per garantirsi la sopravvivenza. Si tratta infatti di un fenomeno naturale legato ai meccanismi di sopravvivenza innati. Di fronte a situazioni specifiche infatti, intervengono i sistemi di autoregolazione interni che permettono all’uomo di valutare ed immediatamente attivare (Arousal) le proprie risorse per affrontare il pericolo percepito e di conseguenza proteggersi.

Quando l‘attivazione di questo sistema diventa eccessiva, ingiustificata e/o sproporzionata rispetto al rischio e alla gravità del possibile pericolo, e se permane anche quando non esiste più un pericolo oggettivo, la reazione è considerata non funzionale, ingestibile, e quindi può essere considerata un disturbo.

Il disturbo d’ansia generalizzato è un disturbo cronico, aspecifico, durevole, non riferito ad un particolare oggetto o situazione. Le persone che presentano questo disturbo manifestano una incessante sensazione di temere qualcosa ma sono incapaci di esprimere specificatamente di che paura si tratti. Trovano complesso controllare le proprie preoccupazioni e presentano timori costanti. Questa condizione causa conseguentemente una tensione muscolare persistente e reazioni del sistema nervoso autonomo a questa persistente paura (si sviluppano: emicrania, palpitazioni, vertigini e insonnia). I disturbi fisici, associati alla intensa e duratura ansia, rendono difficile affrontare le normali attività quotidiane.

La sintomatologia degli Attacchi di Panico: sensazione di soffocamento, vertigini, tachicardia, sudorazione, tremori e sensazione di morte imminente. Si accompagna all’agorafobia ovvero la paura di rimanere intrappolati in un luogo dove la fuga può essere difficile o imbarazzante.

Gli attacchi di panico sono spesso privi di contenuto psicologico, sono ricorrenti e durano soltanto qualche minuto. Chi ne sperimenta l’esperienza può avere la tendenza ad uno stile di interazione ipercontrollante e difficoltà a riconoscere ed esprimere i sentimenti legati alla rabbia.

Depressione

Si tratta di un abbassamento del tono dell’umore caratterizzato dalla perdita di interessi, apatia, impossibilità di riconoscere le esperienze piacevoli ed una conseguente riduzione delle capacità lavorative e sociali. Gli studi di neuroimagin cerebrale dimostrano un’associata diminuzione del flusso ematico all’emisfero destro.

Può presentare disturbi somatici, debolezza e fatica. È presente un costante senso di dover lottare contro la propria inadeguatezza piuttosto che contro l’ostilità altrui. Sovente necessita l’uso di una terapia farmacologica in associazione ad un supporto e ad un percorso psicologico.

L’individuo depresso ha tratti introversivi sul piano relazionale, manifesta spesso una labile autostima, è parecchio sensibile alle critiche e mostra tendenze ai sensi di colpa.

Reazioni depressive possono anche essere causate da un periodo di forte stress (un lutto significativo, la fine di una relazione ecc).

È possibile avere una personalità con tratti depressivi senza mai sviluppare il disturbo depressivo. Esistono numerose classificazioni che includono anche la presenza alternata della mania (Disturbo Bipolare), per meglio disambiguare ed avere una più corretta descrizione si rimanda ai criteri dei Manuali Psichiatrici Diagnostici aggiornati (vedi DSM-V).

Fobie

La Fobia è una costante e intensissima paura di un particolare oggetto, situazione o persona. In presenza di questo stimolo individuo teme di impazzire o morire e sperimenta il panico. Per scongiurare il ripetersi di questa esperienza la persona organizza la propria esistenza nel tentativo di evitare le occasioni che possono innescarla.

Affinché si possa parlare di Fobia devono essere presenti due elementi caratteristici: l’ansia deve svilupparsi esclusivamente in circostanze ben specifiche lontano dalle quali la persona sta benissimo, inoltre è necessario il manifestarsi del tentativo sistematico, consapevole e massiccio di evitare tali circostanze che ritiene causa d’ansia.

Il paziente fobico riporta un’estrema difficoltà introspettiva ed è spesso poco abituato a riconoscere le proprie emozioni. Il controllo diventa l’unica alternativa alla paura, lo scopo con poterla gestire, la sicurezza di evitare ciò che teme monitorando il mondo intorno a sé.

Dunque il controllo, la tendenza a previsioni catastrofiche, il rimugino e l’evitamento sono le strategie che una persona che soffre di un disturbo fobico mette in atto.

Ciò che determina la patologia non è tanto il desiderio di controllo, quanto la certezza di poterlo fare e quindi l’obbligo di doverlo fare. Poiché questo tentativo è destinato al fallimento, la persona ne ricava una sensazione di inadeguatezza e di incapacità.

Disturbi dell'alimentazione

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono malattie che conducono, le persone affette, a vivere con l’ossessione del cibo, del peso e dell’immagine corporea.  È presente una forte correlazione tra la stima di sé e l’accettazione del proprio corpo che predomina la società odierna.
Anche se l’età di esordio si è negli anni abbassata, non è raro infatti ormai trovare forme di questi disturbi anche tra i bambini e i pre-adolescenti, in genere colpiscono con più frequenza le giovani donne e tendono ad essere molto mutevoli, anche nello stesso individuo.

Il peso, tuttavia, non è l’unico marcatore clinico imprescindibile di questi disturbi, perché può essere presente anche tra le persone di peso corporeo nella norma.

Tra i disturbi legati all’alimentazione, le malattie più diffuse sono: l’Anoressia nervosa e la Bulimia.

L’Anoressia, ovvero la ricerca “fanatica” della magrezza e l’opprimente paura di ingrassare. Per la sua diagnosi è necessaria la diminuzione del peso corporeo al di sotto dell’85% del valore minimo rispetto all’età e all’altezza. Nelle donne l’amenorrea è un tratto preminente.

La Bulimia invece non si riconosce dal peso corporeo, che rimane relativamente normale, si manifesta con la presenza di abbuffate ed uso di purganti. Denota un comportamento impulsivo, irresponsabile e indisciplinato, in contrapposizione alla rigida e severe autodisciplina presente nell’anoressico/a.

Il Ministero della Salute sottolinea come i disturbi del comportamento alimentare possono compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico ecc.) e portare alla morte

Disturbi dell’apprendimento scolastico

Con l’inizio dell’esperienza scolastica i disturbi cognitivi, anche lievi, sottovalutati o non rilevati fino a quel momento, emergono come Disturbi dell’Apprendimento Scolastico (DAS).

L’incidenza di questi disturbi aumenta quindi nel periodo scolastico (5-10%) poiché il momento nella quale possono essere più facilmente rilevati dalle insegnanti stesse. In media in ogni classe ci sono uno o due alunni con queste difficoltà. Il disturbo è riferito al livello di apprendimento del soggetto, che deve essere inferiore a quello atteso per un bambino della stessa età mentale.

Nel definire una diagnosi è importante tenere presente alcuni criteri di base: deve essere presente un grado clinicamente significativo di compromissione dell’abilità scolastica specifica; la compromissione deve essere specifica, non attribuibile soltanto ad un ritardo mentale, infatti il Quoziente Intellettivo (QI) e il rendimento scolastico non sono correlabili. Questa compromissione deve inoltre riguardare lo sviluppo, nel senso che deve essere stata presente durante i primi anni di scolarizzazione e non acquisita più tardi nel corso del processo educativo. La storia del progresso scolastico deve fornire l’evidenza su questo punto.

Infine non devono essere presenti fattori esterni capaci di fornire una sufficiente motivazione per le difficoltà scolastiche. Deve quindi essere considerato che la qualità dell’insegnamento ricevuto sia adeguato; se appare evidente che il modesto rendimento scolastico sia causato da assenze prolungate da scuola, discontinuità conseguenti a cambi di scuola o da un’istruzione grossolanamente inadeguata, i disturbi non devono essere codificati in questa sezione. Va dunque considerato anche che il disturbo non sia direttamente dovuto a difetti non corretti della vista, dell’udito o neurologici.

Disturbi di personalità

I Disturbi di Personalità sono modalità costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e di sé stessi, modalità che si manifestano in modo rigido e non adattativo, causando una compromissione funzionale significativa o una sofferenza soggettiva (DSM-IV-TR).

I criteri con i quali classificare i Disturbi di Personalità individuano come caratteristica essenziale un modello costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo e si manifesta in almeno due delle seguenti aree: cognitiva, affettiva, del funzionamento interpersonale o del controllo degli impulsi.

Questo modello risulta inflessibile e pervasivo in un ampio spettro di contesti sociali e personali e determina disagio clinicamente significativo oppure compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. Questo quadro è stabile e di lunga durata, l’esordio può risalire all’adolescenza o prima età adulta e non risulta meglio giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale, non è dovuto all’abuso di droghe, alcool o farmaci, oppure di condizione medica generale come ad esempio un trauma cranico.

Vi sono tre gruppi principali in cui si possono classificare i disturbi di personalità che vengono definiti dagli specialisti “Cluster”, qui di seguito una breve classificazione che non contempla approfondimenti descrittivi:

Cluster A – Il gruppo è caratterizzato da comportamenti che appaiono “strani” o “eccentrici” e dalla tendenza del soggetto all’isolamento e alla diffidenza.

Disturbi di personalità: paranoide, schizoide e schizotipico.

Cluster B – nel gruppo rientrano i soggetti che frequentemente appaiono “emotivi” o “drammatici“, ovvero amplificativi o imprevedibili. Inoltre è riconosciuta una mancanza di empatia e altruismo.

Disturbi di personalità: antisociale, borderline, istrionico e narcisistico.

Cluster C – Il gruppo include disturbi i cui portatori appaiono “ansiosi” o “paurosi”  che esprimono inoltre una bassa autostima del soggetto.

Disturbi di personalità: evitante, dipendente e ossessivo-compulsivo.

Non Altrimenti Specificato (NAS) – Questa diagnosi può essere data quando nessun altro disturbo di personalità definito nel DSM viene riscontrato nel paziente.

Sono quattro i disturbi di personalità esclusi dalla penultima versione del DSM (DSM-IV-TR), al posto dei quali può essere usata questa diagnosi.

Disturbi di personalità: sadico, masochistico, depressivo e passivo-aggressivo.

Le analogie alla base di questa divisione sono puramente descrittive, ossia non teoriche né eziologiche.

Disturbo ossessivo compulsivo

Questo disturbo determina una grande sofferenza per i pazienti e i loro familiari, si tratta infatti di un disturbo invalidante che riduce notevolmente le capacità personali e sociali e di conseguenza la qualità della vita. Ha una funzione primaria di apparente regolazione dell’angoscia.

Ci sono due caratteristiche principali: 1) la frequenza, la ripetitività e la persistenza dell’attività ossessiva; 2) la sensazione che questa attività sia imposta e compulsiva.

Le ossessioni sono pensieri egodistonici ricorrenti, mentre le compulsioni sono azioni ritualizzate compiute per alleviare la sensazione di angoscia.

I tentativi messi in atto dal paziente per alleviare la propria sofferenza possono rientrare generalmente nelle seguenti categorie:

  • Rituali che comportano verifiche
  • Ruminazioni, controlli mentali e allenamenti
  • Evitamento e soppressione del pensiero
  • Richieste di rassicurazioni
  • Pensieri ossessivi non accompagnati da compulsioni

I tentativi di soluzione assumono spesso le forme di rituale e sono incongrui rispetto alla preoccupazione, ad esempio sono magiche.

I sintomi possono servire a proteggere da una disintegrazione psicotica, quindi sono funzionali al sistema di sopravvivenza di quella persona in quello specifico momento perché garantiscono l’omeostasi psicologica.